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Alda Dalle Lucche: il sax a Fiesole

Il suo stile tende ai toni dark, ma quando parla di musica e del suo strumento un largo sorriso le illumina il volto. Perennemente indaffarata, alle prese con trascrizioni e prove per sempre nuovi progetti, guida con entusiasmo il gruppo dei sax fiesolani. L’abbiamo finalmente intercettata qualche giorno fa, prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane, ed ecco cosa ci ha raccontato.

Quando hai incontrato la Scuola?
Frequentavo il Conservatorio Cherubini, dove sono stata molto felice con il mio insegnante, Roberto Frati, ma ovviamente conoscevo la Scuola e guardavo alle attività che vi si svolgevano con occhio sempre attento, consapevole delle tante opportunità che offriva.

Al Conservatorio non erano così numerose?
Al Cherubini non c’era in quegli anni la vivacità di oggi; in realtà la vera, grande opportunità di suonare mi fu offerta proprio da Roberto Frati, che un giorno mi disse di aver bisogno di un sax contralto. Mi offrii subito di prestargli il mio strumento, ma lui replicò che non voleva solo lo strumento, ma anche il musicista che lo suonasse! Abbiamo suonato in quartetto per 15 anni, ed è stata un’esperienza fantastica: non mi vergogno di dire che mi manca molto, è stata una comunione d’intenti che non ho mai più ritrovato in nessun gruppo da camera.

Come sei arrivata a Fiesole?
Attraverso l’Orchestra Giovanile Italiana: la prima volta fui chiamata perché il Maestro Farulli aveva chiesto al Direttore del Conservatorio di mandare un sax in grado di sostenere la parte richiesta nel Concerto II “Echoing curves” di Berio, con l’OGI.
Il Conservatorio di Firenze era stato tra gli ultimi ad aprire la classe di sax, ma Giuseppe Giglio (il direttore di quegli anni) consultò il registro e mandò il voto più alto… ero l’unica ragazza della classe di sax, nel 1993, e mi trovai a fare una bellissima esperienza al Teatro Comunale di Bologna, sotto la direzione di Luciano Berio e Andrea Lucchesini al pianoforte.

E da allora entrasti nella “squadra”?
Non subito, in realtà… passò qualche tempo, e ricevetti una telefonata, mentre ero in sala d’incisione con il quartetto di sax di cui dicevamo. “Ma lei suonava nel ’93 con l’OGI?”, mi chiese la voce dall’altro capo del filo, “Sì, ero io…” risposi sorpresa. E sentii che la persona diceva trionfante: “Maestro, l’abbiamo trovata!” Era la segretaria di Berio, che chiedeva la mia partecipazione ad una tournée in America, comprendente anche una data alla Carnegie Hall!

Intanto allora ti aveva cooptato Luciano Berio…
Già… poco dopo, era l’estate del 1996, mi chiamarono di nuovo dalla Giovanile perché partecipassi all’esecuzione de La création du monde di Darius Milhaud nell’Aula Magna dell’Università di Firenze. Fu in occasione di quel concerto che la Scuola mi venne letteralmente incontro, nella persona di Piero Farulli che, col suo solito modo burbero e diretto mi apostrofò: “Tu, da dove sbuchi?”, “Da Firenze, Maestro…” balbettai emozionata. “Lèvati le ali, perché sei un angelo, e sennò voli!”
Disse proprio così, una frase che non dimenticherò mai, ma a quel punto la mia confusione fu totale. Mi chiese di venire a Scuola a trovarlo, ma non lo feci: a Fiesole una classe di sax c’era già, e non volevo trovarmi in conflitto col collega che vi insegnava.

Quindi… non successe nient’altro?
Al contrario, successe che in settembre fui convocata imperiosamente a Fiesole e, come più o meno tutti, non seppi oppormi alla richiesta di Piero e così iniziai ad insegnare qui, con una nuova classe tutta da inventare. Non avevo neanche un iscritto, ma poi gli allievi cominciarono ad arrivare, così nel 2000 ebbi la soddisfazione del mio primo diploma, quello ottenuto da Lucia Danesi.

Come eri arrivata al sax?
È stato il mio primo strumento: a Carrara, la mia città, tutte le bambine suonavano il pianoforte, ma quando il mio babbo mi portò alla scuola di musica vidi una ragazza bionda e bellissima che suonava il sax, e così dichiarai che avrei voluto fare lo stesso. Ebbi la fortuna di incontrare Guido Alibani, un grande maestro che porterò nel mio cuore per tutta la vita: mi ha insegnato cose fondamentali, soprattutto in relazione al suono. Mentre frequentavo le scuole medie, il maestro un giorno chiese di parlare ai miei genitori e, fra i miei pianti inconsolabili, disse loro che non sapeva più cosa insegnarmi, perché in effetti avevo molta facilità e imparavo in fretta tutto quello che mi chiedeva. Non c’era ancora, in quegli anni, un corso strutturato per il sax, così iniziai a suonare anche il flauto, con l’obiettivo di conseguire un titolo di studio.

Perché proprio il flauto?
Sarebbe stato molto più ragionevole scegliere il clarinetto, che ha col sax più affinità, ma desideravo tenere i due strumenti il più possibile separati e non volevo un altro strumento con l’ancia. Fu un periodo molto pesante, perché le differenze tra i due strumenti mi costringevano a separare perfino le sessioni di studio, altrimenti il labbro mi tremava e diventava impossibile il controllo dell’imboccatura del flauto.
Non volevo essere una flautista, ma il percorso formativo che ho compiuto è stato per me una grande opportunità di cultura… andavo a cercare nel repertorio del ‘900, suonavo ad esempio la Sonata di Bohuslav Martinů, o la Ballade di Frank Martin. Sono arrivata ad un passo dal diploma, e non ho sostenuto l’esame solo perché nel frattempo al Conservatorio di Firenze si è aperta la classe di sax, ed io avevo ben chiaro che quello era il mio strumento.

Come lo presenti, a chi ancora non lo conosce?
Sia che debba presentarlo ad un bambino sia ad un adulto, non faccio nessuna distinzione… dico che il sax è un giocattolo bellissimo, un compagno di vita, di gioco, come un piccolo animale che ha bisogno di cure e di tempo, però in cambio offre molte cose: compagnia, allegria, amicizia…

In realtà, il sax non è uno strumento, ma un’intera famiglia…
È vero, ma ce n’è uno da cui devi partire, ed è il sax contralto, perché se poi vorrai fare un corso organizzato di studi è quello lo strumento principale, dato che ha la maggior parte della letteratura. I sax sono quattro: soprano, contralto, tenore e baritono. Nel percorso del Triennio gli esami si fanno col sax contralto, ma è previsto il cambio di strumento. Anche in orchestra le prove si fanno col contralto, ma durante un’audizione possono chiederti una prova con il soprano o con il tenore, e devi essere in grado di usarli indifferentemente. Dei quattro strumenti, è il sax baritono ad essere meno usato, ma è anche quello che invece nella musica da camera ha un ruolo fondamentale.
Se puoi scegliere quale suonare, spesso si tratta di una questione di carattere, ed ognuno ha le sue preferenze. Non sempre i ragazzi più esuberanti sono i più adatti al sax soprano, che è lo strumento dall’ego più consistente: paradossalmente si ottengono i risultati più interessanti con gli allievi più timidi. Ad esempio Martina Daga, anche lei diplomata qui, era davvero molto timida, e col sax soprano ha tirato fuori un’energia insospettata, diventando… una leonessa!

E dovendo parlare del sax sul piano professionale?
In realtà è uno strumento che non ha posto da nessuna parte. Io stessa ogni giorno mi domando cosa faccio nella vita… quale sia il mio posto… (sorride, n.d.r.)
Il sax non ha una struttura, a livello musicale, e per questa sua caratteristica spesso gli insegnanti scoraggiano gli allievi dall’intraprendere un percorso professionale, sostenendo che è difficilissimo praticarlo. Ma io ce l’ho fatta… perciò come non pensare che magari anche per te sia possibile riuscire a fare altrettanto? Personalmente non ritengo corretto scoraggiare nessuno, proprio perché la mia esperienza mi ricorda ogni giorno che si può fare.

Cosa fa il sax nell’orchestra sinfonica?
È un collaboratore esterno, che viene chiamato in occasione dell’esecuzione di certe partiture, dove ha solitamente un ruolo di coloritura, sostanzialmente solistico: ad esempio, nei Quadri di un’esposizione di Musorgskij (orchestrati nel 1922 da Ravel) è il Vecchio castello, suona nel secondo quadro e poi tace. Nelle Danze Sinfoniche di Rachmaninov suona un solo, e poi basta. I compositori hanno dovuto imparare a conoscerlo, prima di essere in grado di utilizzarlo in pieno. D’altra parte Adolphe Sax (che era nato proprio il 6 novembre, del 1814) l’ha brevettato solo nel 1846, quindi il sax è tra gli strumenti più giovani, ed ha un’anima trasversale: avendo l’ancia fa parte della famiglia dei legni, ma è di ottone.

Insomma, un oggetto da maneggiare con circospezione…
Esatto. Per un po’ di tempo anche i compositori non avevano ben capito come fare, e perfino il grandissimo Ravel sbaglia la tonalità, in una delle parti per Bolero.
Comunque ad un certo punto il sax arriva nelle partiture del ‘900: Prokof’ev sceglie il colore del sax tenore nell’Aleksandr Nevskij, in Romeo e Giulietta e nel Lieutenant Kijé, come una voce profonda e straziante.
Tra le più recenti cose che ho fatto in teatro c’è Cardillac di Hindemith, al Festival del Maggio Musicale Fiorentino di quest’anno. Nel secondo atto è previsto il sax tenore solista, che poi va anche in sezione. Luigi Dallapiccola usa invece il sax contralto e il sax tenore ne Il Prigioniero.

Accennavi all’esperienza in teatro… quale incontro è rimasto maggiormente impresso nella tua memoria?
Bolero al Maggio, con Georges Prêtre che festeggiava i suoi 80 anni, un ricordo straordinario, che metto vicino all’esecuzione che ne facemmo con Lorin Maazel al Festival di Peralada, in Spagna. I più bei Quadri invece sono quelli a cui ho partecipato sotto la direzione di Zubin Mehta, a Firenze ed in tournée in giro per il mondo.
Devo dire però che il direttore che mi ha colpito il cuore è stato Claudio Abbado, con l’Orchestra Mozart: ho partecipato all’incisione del Concerto per violino di Alban Berg con Isabelle Faust, e quando ho ricevuto il disco non riuscivo a capacitarmi del suono che Abbado era riuscito a tirar fuori da me!

A Fiesole hai costituito un Dipartimento di sax…
È una di quelle cose che sono certa Piero Farulli avrebbe amato tantissimo; mi ripeteva sempre l’importanza del modello fiesolano, che oggi posso dire finalmente di aver capito cosa sia: consiste nel far crescere delle persone che credono nel valore della musica come ci ha creduto lui, e formare queste persone richiede convinzione, impegno ed un modello didattico che si trasmetta da una generazione all’altra non soltanto nel sapere, ma anche nella passione.
Giulia Fidenti e Giada Moretti, le insegnanti che fanno parte del Dipartimento insieme a me, hanno studiato qui, e questa è di per sé una cosa molto importante. Quest’anno ci saranno le prime lauree del nuovo ordinamento, ne sono orgogliosa.

Com’è organizzato il Dipartimento?
È strutturato in vari livelli, divisi per fasce d’età: si inizia con Gioco sax, in cui i bambini -anche in età prescolare- avvicinano i sax soprani piccoli ricurvi, sotto la guida di Giada Moretti e Giulia Fidenti. Lavorano sulla musica d’insieme, e anche la lezione frontale è pensata per coppie; appena possibile entrano nei Pollicini, il primo ensemble di piccoli sax. Intanto continuano a studiare con Giulia Fidenti e, via via che progrediscono, entrano nella mia classe.
Anche Martina Daga fa parte del Dipartimento: si occupa della propedeutica, oltre a partecipare alle prove ed essere d’aiuto in tutti i gruppi.

Uno staff tutto al femminile…
Proprio così… sono ragazze piene di entusiasmo e dotate di uno spiccato talento per insegnare.
Tornando all’organizzazione del Dipartimento, si prosegue con Mikrokosmos sax orchestra, che è un gruppo grande, nel quale si può entrare appena le competenze strumentali lo consentano. Attualmente il più piccolo componente frequenta la quinta elementare, ma gli altri sono un po’ più grandi: quest’anno sono entrati nel gruppo anche tre ragazzi del Liceo musicale Dante, che così faranno un’esperienza di musica d’insieme.
Per questo gruppo facciamo progetti che includono fiabe musicali, di cui scrivo i copioni partendo da una storia. Il prossimo progetto natalizio è tratto da Vita e avventure di Babbo Natale, di Frank Baum, l’autore del Mago di Oz. Lavoriamo per due ore la settimana, con un gruppo che quest’anno è di 23 sax divisi in sezioni: contralti primi, contralti secondi, tenori e baritoni.

Niente soprani?
Impossibile… troppo difficile, l’intonazione è un manicomio…
A volte inverto le parti, in modo che secondi e primi affrontino alla fine le stesse difficoltà. Sono molto orgogliosa dei Mikrokosmos: si impegnano tanto, con prove ogni settimana anche divisi in sezioni, proprio come si fa in un’orchestra d’archi; così sono intonati e vanno insieme!

C’è anche un gruppo più avanzato?
Certamente, è Eos Saxophone Project, composto dai ragazzi più grandi, che frequentano il Triennio e sono davvero bravi: con loro facciamo progetti difficili, abbiamo partecipato al Concorso Veretti suonando musica nuova, e anche a France Odeon, il festival di cinema francese a Firenze, dove abbiamo realizzato la colonna sonora dei film dal vivo… è stato bellissimo!

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