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Emma Lanza dai primi passi all’OGI

L’approdo all’Orchestra Giovanile rappresenta per tanti una scoperta, la sorpresa di avvicinarsi ad una realtà molto diversa da quanto si era sperimentato in precedenza. Cosa succede, invece, arrivando “da dentro”?
Ho sempre suonato molto nell’Orchestra dei Ragazzi, da quando sono entrata nella scuola. Non posso dire che mi sia mancata. Il maestro Edoardo Rosadini ha insegnato a tutti noi a stare in orchestra e ci trattava come degli adulti. Ogni domenica mattina si provava, anche se non c’erano concerti in vista, e guai a chi non si presentava. Ci ripeteva sempre che le uniche accettabili ragioni di assenza erano di “morte o malattia da ricovero”. Abbiamo fatto concerti davvero grandi, ci preparava arrivando a farci suonare come un’orchestra professionale.
Forse sono stati tutti gli impegni che già avevo, ad impedirmi di prendere in considerazione fin da subito l’Orchestra Giovanile Italiana. Quando decisi di fare l’audizione non immaginavo a cosa sarei andata incontro. Nonostante tutta l’esperienza già maturata in orchestra ed il fatto che la Giovanile fosse da sempre sotto i miei occhi, mi si è comunque aperto un mondo. Non credo ci sia differenza per gli allievi che arrivano da dentro o da fuori. Rimane per tutti un‘esperienza ricchissima.

Grazie all’OGI hai fatto incontri importanti, e compiuto esperienze significative; cosa porti con te, alla fine di un periodo così intenso?
La voglia di riviverlo di nuovo in altre realtà, sperando che non si spenga mai la voglia di fare che abbiamo acquisito. Spero di incontrare nuovamente molti dei compagni con cui ho condiviso questa meravigliosa esperienza e suonare di nuovo con loro.
Porterò con me un bagaglio molto importante, con musica difficile e bellissima, affrontata con grandi maestri come Jeffrey Tate o Daniele Gatti, suonata in teatri meravigliosi. Soprattutto mi porterò dietro la consapevolezza di tutto l’impegno che è necessario mettere nelle cose belle.

Pochi giorni fa sei stata chiamata a partecipare all’esecuzione del Requiem di Verdi sotto la direzione di Myung-Whun Chung, presso l’Opera di Firenze. Vuoi raccontarci com’è andata questa breve immersione nella realtà lavorativa di un’orchestra importante come il Maggio?
Suonare con l’Orchestra del Maggio è stata un esperienza davvero intensa, ed essere diretti dal Maestro Chung rendeva tutto più incredibile. Si muoveva il minimo indispensabile e faceva scaturire dall’orchestra un Requiem meraviglioso.
Sono stati giorni in cui mi sono immaginata come deve essere la vita di un orchestrale. Andare a lavorare in un luogo come il Teatro dell’Opera e fare concerti così importanti è il sogno di ogni strumentista. Vivere quei pochi giorni con i musicisti del Maggio mi ha dato un’ulteriore spinta a non mollare, e a continuare a inseguire il mio sogno.