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Momenti Musicali – Gabriele Gorog, Carlo Lazari, Luca Fiorentini

Gabriele Gorog pianoforte
Carlo Lazari violino
Luca Fiorentini violoncello

LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770–1827)
Trio per pianoforte violino e violoncello in do minore op. 1 n. 3
Allegro con brio
Andante cantabile con variazioni
Menuetto. Quasi Allegro
Finale. Prestissimo

FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY (1809–1847)
Trio per pianoforte violino e violoncello n. 1 in re minore op. 49
Molto allegro e agitato
Andante con molto tranquillo
Scherzo. Leggiero e vivace
Finale. Allegro assai appassionato

Ingresso libero

Tutti e tre veneziani, i protagonisti di questo secondo appuntamento cameristico hanno al loro attivo tante importanti esperienze sia solistiche sia d’insieme: Gabriele Gorog, Carlo Lazari e Luca Fiorentini si uniscono in trio per farci ascoltare due opere basilari del repertorio cameristico per pianoforte ed archi. Al terzo dei Trii op. 1, per il quale Beethoven sceglie, con la tonalità di do minore, un carattere intenso e drammatico, hanno voluto accostare la scrittura serena e fantasiosa del primo Trio di Mendelssohn; entrambe le opere consentiranno agli interpreti di approfondire una conversazione musicale di intensa espressività.
Composti tra il 1793 e il 1794 e pubblicati da Artaria nell’ottobre del 1795, i Trii erano stati presentati ‘in anteprima’ presso il palazzo del principe Lichnowsky, protettore e mecenate di Beethoven. Come racconta Ferdinand Ries, tra i musicisti e gli amanti della musica di Vienna c’era anche Haydn: questi lodò il lavoro, ma consigliò al giovane collega di non pubblicare proprio il terzo trio, del quale invece Beethoven andava particolarmente fiero. La portata innovativa del linguaggio beethoveniano dei primi due Trii era in effetti già sufficiente a disorientare i contemporanei: i tre strumenti hanno un ruolo del tutto paritario, le dimensioni sono ampliate, lo stile è fortemente personale, con nuove soluzioni formali anche se nel rispetto dei modelli classici. Il Trio in do minore op.1 n.3 è il più maturo e personale della raccolta, con i due tempi estremi di carattere drammatico, ad incorniciare un lirico Andante cantabile con variazioni ed un Minuetto che ha perso i suoi connotati di grazia settecentesca per somigliare ad uno Scherzo, con un ritmo brusco ed i repentini scarti d’umore; nel finale Prestissimo ritorna l’impeto drammatico dell’Allegro con brio iniziale: è il primo di quei grandi movimenti beethoveniani in cui il contrasto dei temi crea una quasi insostenibile tensione, che si scioglie soltanto nella coda.
A proposito di presenze importanti, anche Mendelssohn ebbe l’onore della presenza di un giovanissimo Schumann, quando partecipò al pianoforte all’esecuzione del suo primo Trio in re minore a Lipsia, il 23 settembre 1839. Così si espresse Schumann: “…Questo è il lavoro di un maestro, come lo furono a loro tempo quelli di Beethoven in si bemolle e in re, come lo era quello di Schubert in mi bemolle… Questo Trio è una eccellente composizione che tra qualche anno delizierà i nostri nipoti e pronipoti. Mendelssohn è il Mozart del nostro momento storico, il più brillante dei musicisti, quello che ha individuato più chiaramente le contraddizioni dell’epoca e il primo che le ha riconciliate tra di loro”. Questo generoso elogio schumanniano riflette la percezione del profondo equilibrio interiore che emana dalla composizione di Mendelssohn, capace di fondere le voci strumentali in modo omogeneo, conservando al pianoforte una funzione di coordinamento formale. Il Trio in re minore op. 49 è in questo senso emblematico, con un primo movimento che alterna momenti appassionati a frasi più discorsive, un Andante che ricorda la romanza senza parole, un geniale Scherzo danzante e fantastico, ed un robusto finale, in cui la maestria compositiva di Mendelssohn si produce in una commistione di forma sonata e rondò.

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